Lui ha raccolto l’eredità in cucina di Gastón Acurio, ossia dello chef che, riscoprendo e valorizzando la biodiversità peruviana, guida in Sudamerica la riscossa democratica dei contadini, del pescatori, degli allevatori, che insieme ai cuochi reclamano una cucina più buona, bella, giusta.
Diego Muñoz è stato ospite d’eccezione a Milano per cinque giorni, dal 24 al 28 giugno, protagonista ai fornelli di Identità Expo, lasciando così per quasi una settimana la guida dell’ormai celebre suo ristorante Astrid y Gastón di Lima.
Muñoz, dopo 15 anni trascorsi in indirizzi di cucina di tutto il mondo (in Spagna, Francia, Canada e Australia. Tra le altre insegne, quelle de El Bulli e Mugaritz), ha fatto ritorno nel 2012 del suo Perù, dove ha rinnovato la tavola del già affermato ristorante di Acurio, portandolo in soli tre anni dalla posizione numero 42 alla numero 14 della The World’s 50 Best Restaurants, la classifica mondiale più autorevole.
Prosegue con tenacia lo sforzo del suo predecessore nella ricerca sui prodotti peruviani. Obiettivo, valorizzare l’arte culinaria del suo Paese. E combattere le disuguaglianze sociali.
Rds ha preparato per lui una playlist tutta speciale, in base ai suoi gusti musicali, «me gusta de musica mucho el rock, el dub, un poco de house», ci aveva raccontato, prima di definire un bell’elenco di canzoni, si va dai 4 Non Blondes ai Tears for Fears, dagli U2 a Sinead O’Connor, da Hozier a Lenny Kravitz passando per Vasco, Coldplay, Police, Ligabue e The Lumineers.